Letterarte 2019
COMMENTO DI MALU' LATTANZI
"...occhi che passano la parete del petto e la carne del cuore e fanno sanguinare quando guardano con tenerezza", occhi capaci di riaccendere con una sola scintilla la capacità di amare.... " Luigi d'Ayala Valva della Comunità Monastica di Bose.
Inevitabile per me, che cerco di utilizzare i sensi nella scrittura, non farmi catturare da
quello sguardo, dal colore limpido ed intenso, dal contrasto di cromature fra chiari e scuri
ma soprattutto da quella luce che trasmette sofferenza ma anche pietas.
Non c'è umanità - e umanità vera - laddove non vi sia una capacità di uso, almeno
parziale, di quei canali di vita e di quelle finestre naturali sul mondo che sono i nostri
cinque sensi: vista, udito, tatto, gusto, olfatto. Come oggi comprendiamo meglio, noi non
abbiamo soltanto un corpo, quasi fosse un oggetto in nostro possesso, ma siamo il nostro
corpo; così i sensi non sono per noi solo strumenti di cui ci serviamo: sono parte dì noi, ci
esprimono e ci definiscono nel nostro essere. Dall'uso che facciamo (o non facciamo) dei
sensi dipende molto della nostra umanità (o della nostra disumanità).
I sensi sono vie d'accesso (tutti anche quello che io chiamo sesto senso che li
racchiude tutti) - le uniche vie di accesso - alla relazione; e l'uomo è anzitutto relazione.
Non c'è relazione umana che possa fare a meno o sottrarsi all'udito, al tatto e soprattutto
alla vista. Nel nostro tempo è il senso più sopravalutato. Vivere è vedere ed essere visti.
Tutti sembrano vedere e ascoltare tutto e tutti, ma c'è da chiedersi, senza retorica: chi
ascolta e chi vede veramente? L'eccesso di stimoli crea una cultura generalizzata
dell'indifferenza che se, da una parte, funge da comodo anestetico "contro l'assalto dei
giorni" e le "bruciature della vita", dall'altra, "ridimensiona gli slanci e spegne le passioni,
sequestra l'entusiasmo del cercare ancora e oltre, attutìsce i sussulti di indignazione
contro i mali che deturpano l'esistenza".
Nel Vangelo, la figura di Gesù, è quella di un uomo che vede, che tocca, che odora, che
ascolta e condivide e gusta la realtà di questa terra. E' evidente a chiunque legga con
attenzione i vangeli la centralità di due sensi nella persona di Gesù quale ci viene
presentata: quello della vista e quello del tatto.
Se Cristo non avesse avuto anche nel volto e negli occhi qualcosa di celestiale, mai gli
apostoli lo avrebbero seguito all'istante né coloro che erano venuti ad arrestarlo sarebbero
caduti a terra tramortiti".
Ecco, questo volto di Cristo dipinto da Pino Razza, ha racchiuso in quello sguardo tutto ciò
che con le parole di Luigi Ayala ho cercato di trasmettervi.
Stessa sensorialità che arriva dai suoi melograni. Rossi, succosi, preziosi. Il melograno
per i suoi numerosi semi è sempre stato segno di abbondanza, ricchezza e fertilità. Una
leggenda sulla Passione, alcuni passaggi delle Bibbia, e celebri dipinti lo trasformano in
una sorta di "frutto di Dio". (tutto torna dunque. Queste due tele profondamente diverse
fortemente legate fra loro.)
Una leggenda narra che gli apostoli seguivano a distanza il cammino del calvario dì Cristo
e uno di essi raccoglieva di nascosto i sassolini arrosati dal sangue di Gesù che cadeva
dalla sua fronte trafitta dalla corona di spine. A sera gli Apostoli si radunarono tutti tristi nel
Cenacolo; l'apostolo pietoso trasse di tasca il sacchetto per mostrare ai compagni le
reliquie del sangue di Gesù; ma nel sacchetto trovò un frutto nuovo, dalla buccia spessa
ed aspra nella quale c'erano tanti chicchi, rossi come il sangue di Gesù.
Lo troviamo dipinto in molte opere importanti una fra tutte la Madonna del Magnificat
dipinta da Sandro Botticelli . La melagrana tenuta in mano dalla Madonna e da Gesù
Bambino insieme assumerebbe il doppio significato di castità e di resurrezione.
Due opere dunque, due colorì azzurro e rosso, nella loro semplicità e forza ci ricordano
valori e rafforzano, più o meno intenzionalmente ciò che per l'autore è parte integrante del
suo vissuto.
Malù Lattanzi